Lunedì, 16 Marzo 2009 14:57

Appello ANUAC

Scritto da  Gerardo

Trasmettiamo l’appello l'associazione degli antropologi universitari (Anuac - Ass. Naz. Univ. Antropologi Culturali).
A modo di introduzione, diamo l’apertura dell’appello.
"Gli eventi accumulatisi in quest’ultimo periodo sono di una tale gravità da indurci a rendere pubblica la nostra indignazione. Assistiamo a un imbarbarimento crescente della produzione legislativa, orientata sempre più ad una prassi di violenza fisica, quindi anche simbolica, contro gli stranieri, i “diversi”, i socialmente deboli, le libertà individuali".

Testo completo dell’appello

Gli eventi accumulatisi in quest’ultimo periodo sono di una tale gravità da indurci a rendere pubblica la nostra indignazione. Assistiamo a un imbarbarimento crescente della produzione legislativa, orientata sempre più ad una prassi di violenza fisica, quindi anche simbolica, contro gli stranieri, i “diversi”, i socialmente deboli, le libertà individuali.

Il ddl 733, se approvato in via definitiva, abolendo il divieto di segnalare gli stranieri “irregolari” che ricorrono alle cure sanitarie, priverà di fatto del diritto alla salute -diritto universale ed inalienabile- centinaia di migliaia di cittadini che vivono con noi, lavorano con noi e spesso per noi. Non solo: esso introduce anche il reato di clandestinità, il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e i matrimoni misti, il carcere fino a quattro anni per gli irregolari che non rispettino l’ordine di espulsione.

Nega, inoltre, l’iscrizione anagrafica a chi non abiti in appartamenti “idonei” e istituisce la schedatura presso il ministero dell’Interno dei senza casa e di tutti coloro che hanno dimora in luoghi diversi dagli appartamenti. Gli irregolari saranno privati altresì di diritti umani elementari come quelli di riconoscere un figlio o di mandare del denaro a casa. Tutte queste misure varranno a rafforzare discriminazione e razzismo ed a rendere più sfruttabile, docile, ricattabile la forza-lavoro immigrata.

Infine, l’improvvisa scoperta dell’”emergenza” degli stupri –in realtà un fenomeno endemico, trasversale alle nazionalità e agli ambienti sociali- messa al servizio di una campagna dai toni forcaioli contro gli stranieri e i minoritari, è servita a giustificare un decreto d’urgenza che strumentalizza i corpi violati delle donne per compiere un ulteriore passo verso la barbarie istituzionale e legislativa, fra l’altro legalizzando le ronde private e prolungando fino a sei mesi la detenzione nei lager per migranti.

L'involuzione della vita politica del nostro paese ci impone un sussulto di civismo, ci chiede una testimonianza sì politica ma espressa anche in termini di pratiche scientifiche e didattiche. Occorre che dalle sedi della formazione antropologica emerga un chiaro pronunciamento pubblico contro la crescente occupazione armata del corpo: nei corpi offesi dal ricatto tra cura e libertà, nei corpi schedati per non essere chiusi nel guscio sociale che si chiama casa, nei corpi femminili violati e ignobilmente sfruttati per disegni forcaioli, fino a quel corpo di chiunque di noi che lo stato si accinge ad espugnare, con una legge sul trattamento di fine vita che fa strame del diritto individuale sul proprio sé e sulla propria morte.

Sappiamo quale logica sostenga la politica che sposta sul corpo dei cittadini più deboli, effettivamente o in potenza, il confronto dialettico con le libertà ed i diritti individuali. Riconosciamo in essa le stesse sillabe con cui il secolo scorso produsse il discorso più disumano che la ragione umana avesse conosciuto. La barbarie, come ci ricordò Ernesto de Martino, abita presso di noi e dobbiamo additarla alla coscienza pubblica quando si presenta, come ora, allo stadio germinale.
Quell'antropologia impegnata dalla promessa di ampliare gli orizzonti di ciò che dobbiamo considerare umano deve denunciare il ripiegamento autoritario, razzista, irrazionale e liberticida che sta minando le basi della coesistenza civile nel nostro paese, e che rischia di svuotare dall'interno le garanzie costituzionali erette sessant'anni fa, contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali. Forse anche allora, in molti, pensarono che non si sarebbe osato tanto: oggi abbiamo il dovere di non ripetere quell'errore.


Il Presidente e il Consiglio Direttivo dell’ANUAC (Associazione Nazionale Universitaria degli Antropologi Culturali)
Marco Aime, Roberta Altin, Pietro Angelini, Bruno Barba, Ivan Bargna, Alice Bellagamba, Anna Casella, Pietro Clemente, Dino Cutolo, Luisa Faldini, Adriano Favole, Maria Elena Giusti, Alberto Guaraldo, Eugenio Imbriani, Franco Lai, Chiara Letizia, Alessandro Lupo, Roberto Malighetti, Francesco Marano, Carlo Maxia, Maria Luisa Meoni, Maria Minicuci, Ferdinando Mirizzi, Gabriella Mondardini, Fabio Mugnaini, Cristina Papa, Berardino Palumbo, Carla Pasquinelli, Cecilia Pennacini, Leonardo Piasere, Sandra Puccini, Francesco Remotti, Annamaria Rivera, Alessandro Simonicca, Barbara Sorgoni, Massimo Squillacciotti, Giuliano Tescari, Stefania Tiberini, Filippo Zerilli.

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